venerdì 5 ottobre 2012

Ehm... il mio racconto per il contest.

Buonasera Folletti (sì, ormai vi chiamerò così ^^)!
Ehm, allora vi avverto che sarà una cosa, molto probabilmente, dolorosa e che metterà a dura prova i vostri nervi (vi prego, non lanciate il pc dalla finestra). Credo che il titolo del post parli da solo.
A farvela breve, la sottoscritta ha deciso di partecipare al Writing Contest organizzato da Yvaine e Mirial, rispettivamente dei blog Il Pozzo dei Sussurri e Sogni di una Notte di Luna Piena. Come da richiesta, lo inserirò in questo post.


Chiedo clemenza in quanto, sono certa, non è un capolavoro e, quasi sicuramente, ci saranno pure erroracci qui e là (quindi, chiudete un occhio o entrambi). Auguro ai più coraggiosi e temerari una buona lettura. 

La collina del frassino

Le vie del borgo brulicavano di gente. Chissà quanti in passato avevano calpestato la strada lastricata, e chissà quante cose avrebbero potuto raccontare quelle pietre se solo avessero avuto il dono della parola. Erano passati poco più di vent'anni da quando, assieme alla sua famiglia, aveva lasciato il borgo per trasferirsi in città. Vent'anni, eppure tutto era rimasto invariato: gli edifici di pietra, le vie ben curate e persino l'aria fresca che si respirava. Sembrava che il passare del tempo non avesse intaccato nulla eccetto gli abitanti. Quante cose avevano visto quelle pietre durante la sua lunga assenza? La maggior parte della gente non si poneva mai quesiti del genere, non faceva domande. Le risposte a queste, per loro, non erano interessanti. Man mano che il tempo passava le vecchie storie venivano dimenticate, perse tra le pieghe del tempo. Ormai nessuno le raccontava e nessuno le ricordava. Nessuno, tranne un giovane uomo, la cui vita aveva riservato più dolori che gioie, più responsabilità che divertimenti. Il suo nome era Nathaniel Donn O'Conner.

Fin da bambino, Nathaniel s'era dimostrato diverso dalla maggior parte dei suoi coetanei del piccolo borgo, nella contea irlandese di Louth. In lui, c'era qualcosa che gli altri ragazzini non capivano e che gli adulti, allo stesso tempo, temevano. Quel bimbo, dai capelli scuri e gli occhioni di un blu che volgeva al viola, aveva degli amici immaginari con cui giocava regolarmente. Era capace di isolarsi per ore nel suo mondo fantastico e, molto spesso, lo si vedeva saltellare sulla collina all'imbrunire. Raccontava di ballare coi suoi amici e di scoprire, con loro, i nascondigli delle lepri selvatiche. Sarebbe parso tutto normale se crescendo, il piccolo Nate, avesse smesso di parlare di quegli amici che solo lui poteva vedere e con cui discorreva. Ma così non fu.
Sebbene nessuno credesse alle parole di quel ragazzino di undici anni, ben presto le voci si rincorsero in tutto il borgo e fin giù nelle campagne limitrofe.
“Il giovane O'Conner? Un piccolo matto da legare. E' convinto di parlare con fate e folletti ma, tutti sanno che il buon popolo ha abbandonato queste terre”.
Quando le voci si fecero insistenti e Nate fu oggetto di scherzi e cattiverie, il buon Angus O'Conner si vide costretto a trasferire l'intera famiglia in città.

Ora, l'uomo si ritrovava a percorrere i ricordi della sua infanzia. Ricordi in cui era solo lo strano ragazzino di un piccolo borgo che veniva deriso, schernito e additato. Passeggiava lungo la via lastricata diretto a quella che fu la casa della sua famiglia per diverse generazioni.
Nessuno, nemmeno i vecchi amici dei genitori, aveva riconosciuto in quell'uomo di bell'aspetto il piccolo O'Conner. Il suo sguardo, una volta sognante, era ora velato da ricordi dolorosi che sembravano non lasciarlo mai solo. Si muoveva con passo lento, guardando dritto davanti a lui senza abbassare lo sguardo, senza alcun timore. In breve tempo raggiunse la casa abbandonata e, dopo aver posato su di essa il suo sguardo triste, l'oltrepassò salendo alla collina.
Anche lì il tempo sembrava essersi fermato. Esattamente come tanti decenni prima, quel posto gli regalava un senso di tranquillità che non era più riuscito a ritrovare pienamente. Ricordava ancora i volti dei suoi piccoli amici e non si stupì di vederli tutti attorno a lui, sul finire del giorno. Sorrise.
“Ti aspettavamo caro amico” gli si rivolse un folletto “La vita non è stata clemente con te ma, sappiamo perché sei giunto fin qui”.
“Sì, sappiamo cosa cerchi” gli fece eco un elfo. “Fai la tua richiesta amico mortale”.
Nathaniel rimase per lungo tempo in silenzio coi suoi pensieri. Aveva deciso di far ritorno al borgo per vederlo un'ultima volta ma, solo una volta giunto sul luogo, sentiva che c'era un'altra ragione. Una ragione più profonda ed intima l'aveva spinto laggiù. Alzò lo sguardo sulle creature che s'erano riunite accanto a lui e parlò.
“Molti anni fa sono stato costretto a lasciare la mia terra, lasciando dietro di me gli unici veri amici che abbia mai avuto. Non vi ho mai dimenticati” iniziò il suo discorso. “Avrei tanto voluto portare con me Eileen e il piccolo Adrien. Avrei mostrato loro questo posto ma,...” le parole gli si fermarono in gola mentre calde lacrime scendevano lungo le sue guance. “Io,...” balbettò tra i singhiozzi “Io non posso continuare senza di loro. Non posso”. Cadde in ginocchio, rannicchiandosi su se stesso. Il peso del dolore che si portava dentro sembrava un macigno.
L'elfo si fece avanti e, posando la mano sulla spalla, disse: “Nathaniel, per noi sei stato un amico prezioso e, per questo, vogliamo aiutarti”.
A quelle poche parole, l'uomo alzò lo sguardo ancora velato dalle lacrime. Mai avrebbe immaginato che la sua richiesta inespressa venisse accettata.
“Vieni con noi, ti concederemo la serenità che negli ultimi anni t'è stata negata” disse, infine, l'elfo porgendogli la sua mano.
Senza alcuna esitazione Nathaniel allungò la propria stringendola. Aiutato a rialzarsi da terra, il giovane mortale s'incamminò lungo il sentiero che portava oltre la collina.
“Ci prenderemo noi cura di te, gentile amico. Come tu hai fatto con noi” disse il folletto.
Insieme, s'allontanarono verso l'orizzonte, finché non sparirono alla vista.

Nessun abitante del borgo prestò attenzione all'assenza dell'elegante uomo giunto il pomeriggio prima. Tuttavia, quando le prime luci del mattino illuminarono la collina, s'accorsero della presenza di un giovane frassino. I poveri abitanti non capirono mai da dove fosse spuntata la pianta. Il giorno prima non c'era e il mattino successivo stava lì. Attorno alle sue fronde, negli anni a venire, in molti si riunirono a festeggiare, a giocare o, semplicemente,
a riposare, e tutti loro riferirono di aver udito, quando il vento soffiava tra le fronde del frassino, le risate di bambini.

Se siete riusciti ad arrivare fino a qui beh... siete stati gentili (oltre che aver sopportato la lettura di cotale, ehm, opera), grazie ^^. 

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